
Resta drammatica la situazione in Afghanistan dopo il violentissimo terremoto di magnitudo 6,0 che nella notte tra domenica e lunedì ha colpito la provincia orientale di Kunar, al confine con il Pakistan, seminando morte e distruzione. Secondo le prime stime ufficiali, il bilancio provvisorio supera gli 800 morti e i 2.800 feriti, ma diverse fonti locali e umanitarie parlano di numeri ancora più gravi: oltre 1.100 vittime e più di 3.500 feriti a livello nazionale.
Tra le vittime e le persone colpite figurano anche molte famiglie che erano recentemente rientrate in Afghanistan dopo essere state espulse dal Pakistan o dall’Iran, due Paesi che negli ultimi mesi hanno rimpatriato milioni di afghani.
La scossa, molto superficiale, ha avuto effetti devastanti in particolare nei villaggi montani, dove le abitazioni rudimentali in fango e pietra si sono sbriciolate in pochi istanti, travolgendo tutto e tutti. Intere comunità come Wadir, Shomash e Masud risultano praticamente cancellate e irriconoscibili.
Ad aggravare la tragedia, le condizioni meteorologiche avverse, con piogge torrenziali che hanno provocato frane e smottamenti, ostruendo numerose strade e vie di collegamento. Operazioni di soccorso rese ancor più difficili dalla morfologia del territorio: molti villaggi si trovano in zone isolate, difficili da raggiungere anche in condizioni normali. Le forze talebane hanno mobilitato truppe ed elicotteri e, secondo i dati diffusi da Kabul, almeno 40 voli hanno già evacuato feriti e corpi senza vita verso gli ospedali delle città vicine.

Il governo talebano, tornato al potere dopo la ritirata statunitense del 2021 e già stremato dalla crisi economica e dall’isolamento diplomatico, ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale chiedendo sostegno medico, logistico e alimentare.
La reazione del mondo non si è fatta attendere, ma resta frammentaria. L’India ha inviato mille tende familiari e 15 tonnellate di aiuti alimentari; la Cina ha promesso forniture di emergenza “in base alle necessità”; il Regno Unito ha annunciato fondi destinati tramite ONG, senza passare per il governo talebano; mentre gli Stati Uniti hanno espresso cordoglio, ma al momento non hanno confermato alcun sostegno concreto.

L’area è spesso soggetta a eventi sismici. Negli ultimi anni il Paese è stato colpito più volte da terremoti devastanti: nel 2022 oltre mille persone persero la vita nella provincia di Paktika, mentre nel 2023 una serie di scosse provocò centinaia di vittime nella regione di Herat. Il sisma del 31 agosto 2025, tuttavia, rischia di trasformarsi in una tragedia di proporzioni ancora maggiori. Le autorità locali stimano che oltre un milione di persone siano state esposte a scosse violente, mentre i villaggi montani rimangono difficili da raggiungere.

Nelle prossime ore si attende un aggiornamento ufficiale del bilancio delle vittime, destinato a crescere man mano che i soccorsi raggiungono le aree più remote. Per la popolazione afghana, già provata da anni di conflitti, povertà e carestie, la ricostruzione appare oggi un’impresa quasi impossibile senza un massiccio sostegno internazionale.
