Cambiare tutto: accelerare il peggio

Cambiare tutto: accelerare il peggio

Settembre 26, 2020 Off Di miometeo

Sono settimane che ci raccontano che il Covid19 cambierà tutto, che niente sarà più lo stesso, che il mondo sarà stravolto. Sarà… Eppure, a leggere gli articoli dei giornaloni di questi giorni, pare di poter concludere che il Covid ha solo accelerato tutti quei processi già ben architettati e apparecchiati fino a ieri, e che si stia semplicemente approfittando dell’occasione per dare impulso all’implementazione delle agende pre-Covid.

Le evidenze sono ovunque: basti pensare all’ultima manifestazione del dirigismo economico europeo emanata pomposamente sotto il nome di “Next Generation UE” : una gigantesca opera di redistribuzione di denaro dei contribuenti europei (presentata tuttavia come un regalo di Bruxelles) mirata a stravolgere le agende economiche dei singoli stati dell’Unione in senso “green”. Un vero e proprio Gosplan accompagnato e legittimato dal solito catastrofismo climatico, anzi, da un catastrofismo climatico elevato ad ennesima potenza rispetto a quanto conosciuto fino a ieri, i cui echi grotteschi rimbombano quotidianamente su tutti i media, quasi al pari del bollettino degli infetti e dei tamponi.

Cina buona, Occidente cattivo

Se c’è una narrativa che è uscita indenne anzi, letteralmente dopata dal Covid, è proprio quella della transizione “Green”. Nemmeno il tempo di capire che c’era un virus sconosciuto a spasso per il mondo, e già i megafoni del mainstream urlavano a frequenze unificate che la colpa era dell’inquinamento, del Global Warming, della CO2, dello scioglimento dei ghiacci, delle auto, in ultima analisi dell’uomo che fa la bua a Gaia, innocente vittima di una specie animale cattiva e predatrice.

Questo sbrigativo, urlato e palesemente ridicolo collegamento tra Covid e Global Warming andava provvidenzialmente a cancellare dai radar la banale evidenza che questo virus si fosse scatenato in un “mercato di animali vivi” situato a poche centinaia di metri di distanza dal più sofisticato laboratorio biologico cinese in cui da anni si studiano e si manipolano coronavirus animali. Ivi inclusa la creazione di coronavirus “chimera” descritti minuziosamente in articoli scientifici pubblicati da ricercatori di quello stesso laboratorio, già da diversi anni a questa parte.

E a nulla valevano le esternazioni di scienziati di primo piano che ipotizzavano la natura artificiale del virus in questione. Niente da fare, se colpa dell’uomo deve essere, allora che sia portato al banco degli imputati il sistema capitalista occidentale: brutto, sporco, inquinante, non-resiliente, non-inclusivo e soprattutto non-sostenibile. E nessuno tocchi lo scienziato cinese.

È certamente interessante notare come i media di mezzo mondo siano stati capaci di ribaltare la narrativa in un lampo, trasformando un evento potenzialmente esiziale per la credibilità della Cina nel mondo, in una ennesima occasione per picconare quello che resta del sistema capitalistico/industriale alla base della prosperità economica del (fu) mondo occidentale. Ancor più impressionante come l’abbiano fatto muovendosi all’unisono, e utilizzando lo stesso virus per infierire sui leader stranieri più schierati politicamente contro le posizioni globaliste: nei loro paesi si moriva di più, si prendevano decisioni sbagliate, si ignoravano le perle di saggezza dell’OMS e via dicendo.

Keynesiani disperati

Gli illuminati europei, si sa, sono convinti che dilapidare trilioni di dollari dei contribuenti in una riconversione “green” sia l’unico modo di tenere in piedi qualcosa che somigli ad un sistema industriale: una interpretazione aggiornata, e decisamente disperata delle buche di Keynes (ne abbiamo parlato). Disperata, perché il disastro dell’Energiewende tedesca pare non aver insegnato nulla. Forse i tedeschi e i loro più stretti alleati commerciali contano nel breve di guadagnarci, sguinzagliando i loro player “green” attivi nel campo del solare o dell’eolico in giro per l’Europa a fare affari dove tira il vento e soprattutto dove c’e il sole. E appesantendo nel contempo la bolletta energetica dei loro competitor europei.

Resta il fatto che l’ambientalismo radicale di ieri, oggi in doppio-petto a fare la spalla comico-catastrofista di Blackrock e dei suoi fratelli, sta probabilmente preparando la strada alla distruzione definitiva dell’Europa come potenza industriale e manifatturiera. Perché la condizione di super-potenza industriale mercatista non è in alcun modo compatibile con un costo alto dell’energia. Quando i tedeschi ne prenderanno atto, sarà troppo tardi per tutto il continente. Ma intanto, in estremo oriente…

Pio tutto io!

Mentre gli europei si baloccano con una overdose di frescacce green, i cinesi silenziosamente accumulano. No, non accumulano pannelli solari e pale eoliche come piace raccontare ai nostri media adoranti. Accumulano petrolio, materie prime strategiche, beni alimentari. Approfittando, tra l’altro, del crollo del prezzo di tante commodities, a partire proprio da quegli idrocarburi così schifati dagli europei, e così indispensabili per chi invece intende consolidare il ruolo di leader assoluto della produzione industriale mondiale.

Eh sì, perché i cinesi in barba all’emergenza Covid che “non lascerà niente come prima”, stanno continuando ad applicare alla lettera il piano di sviluppo delineato prima dell’arrivo del virus: un piano quinquennale 2021-2025 che prevede acquisti colossali di materie prime, possibilmente a prezzi di sconto. Una strategia esattamente contraria a quella europea, indispensabile per mantenere e anzi incrementare il loro vantaggio competitivo.

Diranno di noi

Proviamo a riassumerla e a svilupparla come ci piace fare spesso, questa storia: immaginandola scritta su un libro del futuro.

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In un mondo sempre più confuso, in cui gli equilibri geopolitici apparivano sempre più precari e la globalizzazione mostrava fragilità e incongruenze difficilmente sanabili, l’Europa decideva di avviare un incomprensibile suicidio industriale di massa, sotto la forma di investimenti faraonici in iniziative temerarie di “riconversione energetica” motivate da presunte catastrofi climatiche annunciate come imminenti, ma nella realtà del tutto inesistenti. 

La “svolta green” europea impattava inevitabilmente sulla domanda di materie prime causandone il crollo dei prezzi, con particolare riferimento agli idrocarburi, che venivano acquistati in misura sempre crescente dalla Cina nello stesso momento in cui l’Europa li abbandonava. Il vantaggio competitivo della manifattura cinese diveniva incolmabile per i competitor occidentali a causa del basso costo dell’energia fossile cinese rispetto a quella rinnovabile europea. E veniva ulteriormente aggravato da pratiche di dumping commerciale che andavano a colpire i pochi player occidentali rimasti, nel silenzio complice delle organizzazioni che avrebbero dovuto vigilare sul rispetto degli accordi commerciali internazionali.

Un ruolo chiave in questo processo lo ebbero i mezzi di informazione e i gruppi di pressione ambientalisti la cui azione, sostenuta attivamente dalle élite globaliste del tempo, fu determinante nell’orientare le delibere economiche in senso “green” varate dall’Unione Europea, complice il substrato ideologico offerto da altri consessi sovra-nazionali in termini di diritti umani e protezione dell’ambiente, e l’esercizio via via crescente del potere legislativo da parte degli stessi, a discapito di quello esercitato dagli stati nazionali.

 

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