CO2: serie settimale di Mauna Loa e sue variazioni al tempo di COVID-19
Giugno 20, 2020Volutamente, in questo periodo non mi sono occupato di di Coronavirus: altri più qualificati di me hanno analizzato vari aspetti della situazione pandemica e io mi sono limitato a leggere le loro considerazioni.
Questa volta provo una timida entrata per cercare di capire se il blocco generalizzato delle attività economiche non essenziali (un po’ in tutto il mondo) ha avuto (ma forse avrà) effetti sul livello di CO2 atmosferica.
Il concetto è banale: noi umani, brutti e cattivi, per vivere modifichiamo l’ambiente che ci circonda e il clima (l’inquinamento è un’altra cosa ma i nostri amici “salvatori del mondo” mescolano ad arte i concetti); facciamo questo da sempre, ma dall’inizio della rivoluzione industriale, immettiamo in atmosfera anidride carbonica che, per effetto serra e senza possibilità di retroazioni negative, provoca (provocherebbe) un aumento continuo della temperatura terrestre con conseguenze catastrofiche non meglio specificate (in questo quadro l’unico concetto che conta è quello di catastrofe).
Allora, se il virus ci obbliga a chiudere le attività umane, la concentrazione di CO2 e le conseguenti catastrofi dovrebbero diminuire. Io non conosco bene i tempi di risposta del sistema ad una minore immissione di CO2 (diciamo pure di gas serra) ma, almeno la CO2 viene considerata un gas ben distribuito nell’intera atmosfera e quindi i tempi non dovrebbero essere lunghissimi.
In questo caso ho preso lo spunto da un suggerimento del nostro padrone di casa che mi ha indicato un post di B. Dockery sul suo blog:
Fresh Proof Nature, Not Humans, Drives CO2 Levels
L’articolo vuole dimostrare che in realtà è la temperatura a causare variazione di CO2 e non viceversa come attestato da IPCC e per questo vengono usati vari metodi matematici, dalla funzione di autocorrelazione all’analisi spettrale, per evidenziare che la CO2 dipende, ad esempio da ENSO e che i suoi (di CO2) massimi spettrali sono una qualche armonica di massimi legati al Sole e alle orbite dei pianeti. In questa descrizione sono stato piuttosto generico perché il lavoro è complesso e richiede un approfondimento che non ho ancora fatto.
Un aspetto che ho notato ad una prima lettura è l’uso di armoniche di grado elevato di periodi planetari (ad esempio 36 volte il periodo sinodico di Giove o 38 volte quello di Saturno, in tabella 2; oppure il fissare a 3.6 anni il periodo principale di ENSO, tutto da dimostrare, e definire fino a 8 volte questo periodo nei massimi della funzione di autocorrelazione del tasso di cambiamento annuale della CO2).
Io vedo questi aspetti difficili da accettare perché sono strettamente legati alla precisione delle misure e ai troncamenti numerici connessi con i software di analisi, per non parlare della predilezione di molti in questo campo a filtrare variamente i dati e ad usarli come input, aggiungendo incertezza ad incertezza. In altre parole, per usare armoniche così alte è necessario usare molte cifre decimali nei periodi (o nelle frequenze) che, almeno io, non mi sento in grado di giustificare.
Come nell’articolo di Dockery, uso i dati settimanali della concentrazione di CO2 (in ppm) a Mauna Loa (Hawaii) dal 2 marzo 1958 al 30 maggio 2020 e li grafico in figura 1 insieme al loro spettro MEM.
Dalla figura 1 vediamo che non sembra esserci qualche brusco cambiamento attorno ai valori più recenti della serie, ma la scala orizzontale della figura è molto ampia. Vederemo in seguito un ingrandimento relativo a circa 14 mesi.
Lo spettro mette in evidenza:
- un massimo a 18.8 anni, poco diverso dal periodo della linea dei nodi della Luna pari a 18.6 anni;
- la serie quasi completa (fra 2 e 9 anni) dei picchi spettrali caratteristici di El Nino;
- un massimo particolare, non visibile nel grafico ma indicato in basso, di periodo 1.15 anni e potenza circa 7 volte superiore a quella del massimo a 5.4 anni (il più potente tra quelli visibili). Ricordo che il periodo del “wobble” (oscillazione, in senso lato) di Chandler, cioè il moto del Polo terrestre, è pari a 14 mesi, o 1.17 anni.In conclusione, nello spettro della CO2 settimanale si osserva un picco di derivazione astronomica (18.8 anni), uno connesso con la distribuzione di massa e/o campo magnetico terrestri (1.15 anni) e l’insieme delle oscillazioni oceaniche-atmosferiche equatoriali con teleconnessioni globali. Non riesco a vedere nulla che si possa mettere in relazione con le attività umane (di certo per mia incapacità).Vediamo ora, in figura 2, le ultime 65 settimane di figura 1.
I valori della CO2 indicano una diminuzione in corrispondenza dell’inizio della fase critica del Coronavirus e poi una crescita media ininterrotta, tra varie oscillazioni. Non credo si possa parlare di diminuzione visibile.
Per maggiore sicurezza ho calcolato anche la derivata prima numerica delle 65 settimane che rappresenta il tasso di variazione settimanale (crescita o diminuzione) della CO2: tra alti e bassi si nota una leggera decrescita media, iniziata dalla 36-esima settimana, ben prima della presenza ingomberante del virus.
Direi, ancora, che siamo di fronte alla natura che fa il suo mestiere, come sempre.
Almeno finora: più in là vedremo se i tempi di risposta sono più lunghi.
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