Quando d’estate torno “a casa” a trovare i miei cari e gli amici di sempre, la novità più importante nel tran-tran quotidiano sta nel fatto che mi ritrovo costretto a guardare i telegiornaloni nazionali, cosa che evito di fare da una quindicina d’anni con grande sollievo psicologico e notevole beneficio della mia comprensione dei fatti dal Mondo. Ma le abitudini cinquantennali di mia madre prevalgono sulle velleità di ribellione di un figlio troppo attempato per recitare la parte dell’adolescente rompiscatole.
La mattina mi godo il rito di andare al bar sotto casa dove trovo una copia del quotidiano locale (bella sgualcita) e una copia del Messaggero (intonsa). Il mood “Amarcord” prevale un’altra volta, e mi ritrovo a sfogliare le pagine del Messaggero come da adolescente sfogliavo quelle di Repubblica, che a casa nostra non mancava mai. In realtà correvo a cercare le previsioni del tempo nelle ultime pagine del giornale, ma l’occhiata alla cronaca la si dava comunque. Ricordo che a quel tempo Repubblica era pacifista, ce l’aveva con gli Stati Uniti, parlava di diritti dei lavoratori e strizzava l’occhio alla Russia. Ne è passata, di acqua sotto i ponti.
Ecco, tra telegiornali e articoli di giornale si ha la sensazione che il mondo stia per finire. “Ondate di caldo record!” … “Aria irrespirabile”… “Una donna è svenuta per il caldo!” … “Allarme rosso per il caldo al Sud, allarme giallo al Nord, ma per i temporali!” siamo all’armocromia degli allarmi climatici evidentemente… Il barista Lele, sconsolato: “ho letto che dopodomani ci saranno 46 gradi” (nel bar ce ne saranno 18 per l’aria condizionata sparata a palla, tant’è che lui si consente la camicia a maniche lunghe).
Esco dal bar, ci saranno sì e no 30 gradi e soffia il maestrale. Più tardi si va al mare, dopo aver preso qualche focaccina al forno giù in piazza pagandole un terzo del prezzo milanese. La spiaggia è sempre dove me la ricordo, se parlassi a qualcuno dell’incontrollabile innalzamento degli oceani mi offrirebbero un caffè in ghiaccio e mi porterebbero all’ombra per farmi riprendere dal delirio.
Tornando a casa una occhiata alle carte dei modelli si dà sempre con piacere, che c’è da contribuire all’angolo del Rescue Team delle previ su CM. La novità delle carte di questa estate sta nella imbarazzante normalità delle configurazioni sinottiche. I geopotenziali in area mediterranea sono alti come da manuale. Le temperature in quota sono elevate al Meridione per l’afflusso di correnti sudoccidentali pilotate dal promontorio nordafricano. Eppure la presenza di anticicloni sull’Europa centro-settentrionale si associa frequentemente al richiamo di correnti nord-orientali sul Mediterraneo, ragione per cui le temperature si mantengono su valori assolutamente normali per la stagione.
Ancora una volta il pensiero corre a quando ero più piccolo, e questa estate dominata dal maestrale e punteggiata di brevi incursioni dello scirocco mi fa sembrare di essere tornato a quelle estati del passato in cui si accoglieva il maestrale con sollievo ma ci si incavolava perché il mare si ingrossava. E quando era il turno dello scirocco, in città si moriva di caldo, ma il mare in compenso era una tavola.
Quando la domenica, oggi come allora, si resta in città “perché al mare c’è troppa gente”, affacciandosi alla finestra si nota la presenza di tante persone (tanti turisti) a spasso anche nelle ore più calde: quelle in cui ai miei tempi si rimaneva rigorosamente a casa, all’ombra e a godersi i ventilatori. Per poi uscire dalle case quasi di soppiatto, dopo le 5 del pomeriggio.
Provando a tirare le somme, il tempo atmosferico è quello di sempre, ma sui (tele)giornali si annuncia la morte imminente per troppo caldo. A fronte di questi allarmi fine-mondistici la gente non fa nulla nemmeno per adattarsi ai normali mutamenti del tempo atmosferico o alla collocazione geografica del posto dove si va in vacanza. Ché fare jogging all’una del pomeriggio in una città del sud Italia in una giornata di scirocco a metà luglio è solo l’altra faccia della medaglia del turista che passeggia su una morena alpina in infradito.
Ed è forse davvero questa, la sintesi migliore dei tempi folli che viviamo: se da una parte i media si esibiscono in bombardamenti quotidiani di terrorismo climatico, dall’altra abbiamo smesso di adattarci e di convivere con l’alternarsi delle stagioni, il cambiamento delle condizioni meteorologiche e le caratteristiche dell’habitat in cui ci troviamo. Cosa che la nostra specie aveva fatto nei 200,000 anni precedenti a questi in cui la necessità di adattamento ha lasciato il posto alla fede nella “vera scienza”.
Perché sembrano essere proprio questi, i succulenti frutti di questa climatologia ormai assurta a “scienza consolidata”: siccome avremo il fresco d’estate a luglio nel Mediterraneo limitando le puzzette delle mucche e mangiando farine di scarafaggi, allora perché preoccuparsi di mettere un cappellino quando si esce di casa all’una del pomeriggio?
Male che vada si va da Lele, a prendere il caffè in ghiaccio con l’aria condizionata a 18 gradi. La morte per caldo può ancora attendere.