Il ritorno del Buran in Italia: ecco perché il Riscaldamento dell’Artico può favorirlo

(TEMPOITALIA.IT) Quando si parla di Riscaldamento Globale, molti faticano ancora ad accettare l’idea che un pianeta mediamente più caldo possa produrre episodi di freddo estremo alle medie latitudini. Eppure è esattamente ciò che osserviamo. Il meccanismo alla base si chiama amplificazione artica, un processo climatico che sta cambiando il modo in cui l’atmosfera si organizza e reagisce. E che, inevitabilmente, coinvolge anche la Italia.

L’Artico si riscalda quasi al doppio della velocità del resto del mondo. Questo squilibrio non resta confinato tra ghiacci e tundra: modifica il comportamento del Vortice Polare, altera la struttura delle correnti e apre la strada a discese fredde molto più marcate. Un paradosso? In realtà, una dinamica fisica coerente con un clima che evolve rapidamente.

 

Come si indebolisce il Vortice Polare

Il punto chiave è la differenza di temperatura tra l’Artico e le medie latitudini. Quando questo gradiente si riduce, il Vortice Polare non riesce più a mantenere compatto il serbatoio di aria gelida. Le correnti a getto iniziano a ondulare in modo più accentuato, creando quelle onde di Rossby che possono spingere aria artica molto a sud e, allo stesso tempo, favorire la risalita di aria calda verso nord.

È un vero scambio energetico su scala emisferica. Così può accadere che il gelo siberiano raggiunga il Mediterraneo mentre, nello stesso momento, la Groenlandia registra valori quasi primaverili. La circolazione non è più lineare e prevedibile come un tempo.

 

Effetti già osservati nel mondo

Questo schema non è teorico: è già realtà. Gli Stati Uniti lo osservano da anni. Il Texas, nel febbraio 2021, ha toccato -19°C con blackout e gravi problemi infrastrutturali. In Australia si sono registrate nevicate insolite in aree subtropicali; in Brasile, gelate eccezionali hanno compromesso le piantagioni di caffè. La Siberia oscilla tra 38°C estivi e -65°C invernali, una variabilità che rappresenta l’esempio più evidente della nuova instabilità climatica.

E quando quelle masse d’aria si muovono, possono investire zone densamente popolate del continente asiatico, arrivando fino a India e Cina meridionale.

 

L’Europa non è una “zona protetta”

In Europa godiamo del contributo decisivo della Corrente del Golfo, che rende il clima molto più mite rispetto a regioni poste alle stesse latitudini. Ma non siamo affatto immuni.

Quando la struttura atmosferica si destabilizza, l’aria gelida può scendere dalla Scandinavia, dall’Artico russo o, nei casi più estremi, direttamente dalla Siberia. Il ricordo di Gennaio 1985 è ancora nitido: Po ghiacciato, -23°C a Milano, neve fino in Sicilia.

L’Europa si trova inoltre in una posizione delicata, influenzata sia dalle masse d’aria nordafricane sia dalle discese artiche. Alternanza rapida, sbalzi termici, contrasti sempre più frequenti: ecco la firma dell’amplificazione artica sul nostro continente.

 

Cosa può accadere nei prossimi decenni

Gli studi prodotti soprattutto nei centri di ricerca statunitensi convergono su un punto: l’amplificazione artica continuerà ad aumentare. E con essa crescerà anche la probabilità di episodi di freddo intenso alle medie latitudini.

Non significa che ogni inverno sarà più freddo del precedente, ma che la variabilità aumenterà. Si potranno alternare settimane insolitamente miti a irruzioni fredde molto marcate, simili al Buran del 2012 o alla Bestia dell’Est del 2018. Una sorta di montagna russa termica che mette sotto pressione infrastrutture, agricoltura, reti energetiche e la capacità complessiva di adattamento delle società europee.

L’aspetto cruciale è la non linearità: ogni grado in più di temperatura globale non produce un effetto proporzionale, ma una cascata di conseguenze complesse. Il sistema climatico è interconnesso e l’Artico rappresenta uno degli ingranaggi più sensibili. In un mondo più caldo, insomma, il freddo estremo non è un’anomalia: è uno degli effetti collaterali di un clima che cambia rapidamente.

 

Credit scientifici
Fonti di analisi: National Snow and Ice Data Center, Woods Hole Oceanographic Institution, Journal of Climate – American Meteorological Society (TEMPOITALIA.IT)

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