Il SUPER VULCANO italiano potrebbe cambiare meteo e clima
Maggio 27, 2020L’Italia è terra di vulcani, ma è davvero poco noto a tutti che ospitiamo in una delle più belle località del Pianeta un super vulcano: i Campi Flegrei. Sopra il super vulcano risiedono una parte di Napoli e altre città, …
L’Italia è terra di vulcani, ma è davvero poco noto a tutti che ospitiamo in una delle più belle località del Pianeta un super vulcano: i Campi Flegrei. Sopra il super vulcano risiedono una parte di Napoli e altre città, in un’area che ospita anche un altro vulcano, il Vesuvio, considerato tra i più pericolosi al Mondo.
“In vulcanologia il super vulcano è una grandi caldera. Nel Pianeta ne sono state identificate circa 12. Il loro diametro un diametro è di varie decine di chilometri. Le grandi caldere sono generate da un punto caldo (magmatico) che è situato in profondità, nel sottosuolo, e che trova in quella sede, un vicino punto di contatto.
Queste strutture non sono considerate dei veri e propri vulcani, in quanto non è presente un vulcanico visibile, bensì dall’alto si può osservare una sorta di depressione di origine vulcanica”.
In un attimo vi abbiamo proiettato in una Campania e Napoli con il suo Golfo quale area dove si potrebbe realizzare un devastante evento.
Vogliamo sottolineare che i napoletani non sono incoscienti ad aver costruito la città nell’area vulcanica più a rischio d’Europa. Lo rammentiamo: noi siamo solo ospiti del Pianeta, e molte aree dove risiedono centinaia di milioni di abitanti subiscono gli effetti di vulcani e terremoti.
L’uomo ha imparato a vivere, anzi, a sopravvivere alla miriade di insidie naturali, perché non ci sono solo vulcani, super vulcani e terremoti a generare pericoli per la popolazione.
“Da un punto di vista geologico, l’area è una grande caldera in stato di quiescenza, con un diametro di 12-15 km, i cui limiti sono dati dalla collina di Posillipo, dalla collina dei Camaldoli, dai rilievi settentrionali del cratere di Quarto, la collina di Sanseverino, l’acropoli di Cuma, e Monte di Procida.” Fonte Wikipedia.
Nella caldera dei Campi Flegrei si trovano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici, ne sono stati censiti almeno 24, ed alcuni presentano manifestazioni gassose effusive.
Nel 2003 è stata attuata la Legge Regionale della Campania n. 33 del 1.9.1993 con cui è stato istituito il Parco Regionale dei Campi Flegrei. Tutta l’area è considerata ad alto rischio vulcanico, ed è sottoposta a costante sorveglianza dall’Osservatorio Vesuviano. Inoltre, la Protezione Civile Italiana ha realizzato vari piani di evacuazione nell’ipotesi della ripresa di attività vulcanica, per altro anche per quella forse più probabile del vicino Vesuvio.
Insomma, descritto come qui sopra, lo scenario di Napoli e della sua provincia non sono rassicuranti, e volendo essere estraniati dall’affetto che abbiamo per la città, l’area merita un livello di attenzione molto elevato, essendo la più densamente popolata d’Italia per abitante kmq.
Dal sito web Protezione Civile (estratto):
“la storia eruttiva dei Campi Flegrei è dominata da due grandi eruzioni, quella dell’Ignimbrite Campana – avvenuta 39.000 anni fa – e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano, che risale a 15.000 anni fa.
“A seguito di queste eruzioni si sono verificati due episodi di sprofondamento che, sovrapponendosi, hanno dato origine ad una caldera complessa che oggi rappresenta la struttura più evidente dell’area flegrea.”
“Durante l’eruzione dell’Ignimbrite Campana, la più violenta dell’area mediterranea con un volume di magma emesso tra i 100 e i 150kmq, le colate piroclastiche hanno sepolto due terzi della Campania sotto una spessa coltre di depositi di tufo.”
“Negli ultimi 10.000 anni, la parte centrale di questa caldera è stata interessata da un sollevamento di circa 90 metri per effetto di un fenomeno di risorgenza che ha condizionato l’attività vulcanica successiva.”
A seguire si sono infatti verificate più di 60 eruzioni, prevalentemente esplosive, separate da lunghi periodi di quiescenza. L’ultima – iniziata nella notte del 29 settembre 1538, dopo un periodo di stasi di 3.000 anni – ha generato in pochi giorni il cono di tufo del Monte Nuovo, un monte alto circa 130 metri sulla sponda orientale del lago di Averno, dove non esisteva in precedenza alcun centro eruttivo.
Oggi l’area flegrea è sede di un’importante attività fumarolica accompagnata da attività sismica, e del fenomeno del bradisismo, che genera il periodico lento sollevamento e abbassamento del suolo.
Dal 2012 a oggi, le variazioni di alcuni parametri monitorati nell’area della caldera hanno reso necessario innalzare l’allerta al livello giallo e attivare la fase operativa di attenzione.
L’eruzione potenziale di una caldera come quella dei Campi Flegrei può essere forse definito un vero cataclisma, in quanto il potenziale eruttivo ha il livello massimo individuato su una livello da 1 a 8: VEI-8
Il VEI-8 di un’eruzione è un evento di proporzioni colossali che espelle almeno 1000 kmq di magma di materiale piroclastico.
Un’eruzione di questo genere cancellerebbe virtualmente tutte le forme di vita in un raggio di qualche migliaio di chilometri, mentre un’area delle dimensioni paragonabili a un continente verrebbe sepolta da metri di cenere vulcanica.
Eventi di tale portata non sono sarebbero causa di una devastazione incalcolabile, di vittime, ma anche di un poderoso cambiamento climatico.
Tra il 450 ed il 700 dopo Cristo, la storia di Roma segnala che si ebbe un evento più tardi classificato come Piccola Era Glaciale Tardo Antica.
Roma era una città colta e ricca, e sono disponibili testimonianze dell’epoca che descrivono il cielo perdere il tipico colore di azzurro, il sole il suo calore, nel frattempo sparirono le ombre. Il sole aveva smarrito la sua forza.
In realtà il cielo fu velato dai fumi e polveri derivanti da diverse eruzioni vulcaniche che si ebbero nel Pianeta, oggi ampiamente documentate.
Gli scienziati hanno studiato con vari sistemi gli effetti di quell’Era Glaciale, e si è scoperto che la temperatura globale si abbassò sensibilmente. Gelò varie volte il Tevere. A Roma si ebbero lunghi periodi di siccità, ma anche improvvise tempeste di neve.
Un’eruzione VEI-8 generebbe una nuova Piccola Era Glaciale, da non confondere con le “glaciazioni” o Ere Glaciali.
Per concludere, in Italia è stato rilevato anche un altro super vulcano, pensate un po’ in Piemonte, in Valsesia, derivante da un edificio vulcanico collassato centinaia di milioni di anni fa, ma che le cui strutture sono state portate in superficie dall’orogenesi alpina. Fortunatamente qui non c’è più nulla da aver paura. I Geologi hanno dedotto che una grande eruzione esplosiva ha interessato la caldera di 13 chilometri di diametro e ha espulso 500 chilometri cubi di materiale.
Insomma, un cataclisma distante centinaia di milioni di anni fa, quando la Terra era soggetta ad attività vulcanica e sismica assai più vivace dei tempi d’oggi.