Temperatura e CO2 in Antartide durante l’ultima deglaciazione (19-10 Ka)

Maggio 4, 2022 Off Di miometeo

In questo post la notazione Ka significa migliaia di anni fa o Kyr BP (before present) e il presente è il 1950 CE.

La relazione di causa-effetto tra la concentrazione di CO2 e l’aumento della temperatura è una questione ampiamente dibattuta e, qualche anno fa, Brook (2013), tra gli altri, si è chiesto quale delle due grandezze preceda l’altra e se davvero la CO2 guidi i cicli climatici oppure se sia un feedback del sistema che contribuisce al riscaldamento. Il riferimento, è a un lavoro di Parrenin et al., 2013 sulla concentrazione di CO2 e temperatura antartica durante l’ultima deglaciazione, quella che introduce l’Olocene.

Questa materia è complicata dal modo di comportarsi e conservarsi dell’aria nelle bolle delle carote di ghiaccio. La neve, prima di compattarsi e trasformarsi in ghiaccio, diventa sempre più densa mentre l’aria si diffonde gradualmente prima che si formino le bolle che la contengono. Allora, in qualche modo, l’aria contenuta nelle bolle delle carote è più giovane del ghiaccio che la circonda e, in luoghi in cui cade poca neve, la differenza di età può essere di alcune migliaia di anni (Brook, 2013). Ma i problemi connessi con queste misure sono molti e Brook li descrive brevemente per poi fare riferimento al lavoro di Pedro et al., 2012 che trova un ritardo della CO2 rispetto alla temperatura di circa 400-1000 anni, ma anche brevi periodi in cui succede il contrario.

Qui prendo come riferimento il citato articolo di Pedro e colleghi e i dati della CO2 disponibili nel sito “Paleo” di NOAA e in figura 1 riporto la serie della temperatura antartica da proxy (i cui valori numerici non sono riuscito a reperire e che ho quindi digitalizzato) e la CO2 derivata da carote nelle basi antartiche Byrd e Siple Dome (in seguito solo Siple).

Fig.1: Serie di temperatura e CO2 usate nel post. In questo grafico, le temperature (verde) sono digitalizzate dalla figura 1 di Pedro et al., 2012 mentre i valori di CO2 sono tabulati.

Da questa figura si deduce, senza particolare elaborazione e malgrado i possibili errori di digitalizzazione, una conferma di quanto trovato da Pedro et al., 2012: ad esempio, attorno a 14.5-15 Ka si osserva un ritardo di circa 500 anni (una divisione della scala orizzontale) tra il massimo della temperatura e il massimo di entrambe le serie (Byrd e Siple) di CO2; lo stesso succede a circa 11.5-12 Ka (forse con un maggiore ritardo per i dati di Byrd), mentre attorno a 18-19 Ka sembra esserci sincronismo tra le due variabili.

Fig.2: Spettro LOMB delle tre serie di figura 1. Ricordo che la temperatura è digitalizzata e che quindi il suo spettro potrebbe essere diverso da quello dei dati tabulati.

Per un confronto meno confuso tra i massimi spettrali propongo la tabella successiva con i loro periodi (in Kyr). Sono evidenziati in rosa i periodi comuni alle tre serie e in celeste quelli comuni a due serie.

Il confronto ci dice che solo i periodi tra 1 e 5 Kyr sono comuni a tutte le serie, mentre i periodi minori lo sono solo a due delle tre serie. Il periodo di 65 anni che si osserva nella temperatura è (casualmente?) simile a quello osservato nelle temperature globali moderne.
Per inquadrare la situazione di figura 1 in un contesto più ampio, mostro la serie della CO2 di Byrd, tra 8 e 21 Ka e tra 20 e 90 Ka, intervallo che comprende la parte finale della discesa della CO2, fin quasi ai limiti della possibilità di vita vegetale (100-150 ppmv) in corrispondenza del massimo glaciale, e la veloce risalita seguita da improvvise oscillazioni, di ampiezza fino a 45 ppmv.

Fig.3: Osservazione della CO2 nel periodo della deglaciazione, dal massimo glaciale di Wurm (~20 Ka) all’inizio dell’Olocene.

Il lavoro di Parrenin et al, 2013 non sembra confermare il risultato di Pedro et al, 2012 ma descrive due eventi sincroni e lo fa partendo da metodi di analisi diversi e controllo (correlazioni) sulla concentrazione di D, CH4, CO2. Questo aspetto può essere verificato nei dati della figura successiva, riferita al confronto tra CO2 e temperatura antartica. Allo stesso tempo, però, l’aggiunta al grafico di un’altra serie di CO2 (linea nera) mostra le notevoli differenze tra un autore e l’altro, certamente dovute alle tecniche usate per allineare temporalmente le informazioni derivate direttamente dall’analisi delle carote.

Fig.4: Confronto tra temperatura antartica (arancio) e CO2 di Parrenin et al., 2013 a cui è stata aggiunta (linea nera) la CO2 di Monnin et al., 2012.

Ribadisco che qui si osservano andamenti che cambiano quasi contemporaneamente in coppie di dati derivati dallo stesso autore (ma nette differenze aggiungendo una nuova serie da un altro autore) e ci possiamo chiedere che cosa può essere variato tra le figure 1 e 4: un controllo possibile è quello tra le serie di temperatura prodotte da Pedro et al (2012) e da Parrenin et al (2013), che in figura 5 appaiono molto simili ma con spostamenti sistematici lungo l’asse dei tempi. A mio parere, in questo caso entrano in gioco la difficoltà e le differenze di calibrazione (relazione tra profondità della sezione e tempo) delle scale di profondità misurate; l’ampiezza e il dettaglio delle descrizioni dei metodi di calibrazione, usuale in questi lavori, testimonia che proprio questo è il punto critico.

Fig.5: Confronto tra le due temperature antartiche disponibili.

Quasi contemporaneo ai due lavori di Pedro e di Parrenin citati, Shakun et al., 2013 -lavoro che ha suscitato molte polemiche- pone come argomento principale il fatto che la variazione della CO2 precede quella della temperatura e si propone di dimostrarlo confrontando una serie di CO2 atmosferica prodotta da Monnin et al.(2001), disponibile nel database europeo PANGAEA, con alcune serie di temperatura -composita antartica da Pedro et al., 2011 e globali emisferiche (NH e SH).
Se però provo a mettere insieme alcune delle serie di dati che ho discusso in questo post, come in figura 6 (ma anche in figura 5), mi rendo conto che le differenze temporali delle serie sono tali da poter dichiarare un risultato o il suo opposto con la stessa facilità: in altre parole il problema non è fisico ma di calibrazione della base temporale delle carote.

Fig.6: Confronto tra la temperatura antartica di Pedro e la CO2 da Epica Dome C, Byrd e Siple Dome.

Conclusioni

Azzarderei l’inverso dell’ipotesi comunemente usata: da questi lavori non si può dedurre un chiaro segno del fatto che la CO2 guidi l’evoluzione del clima, modificando la temperatura superficiale. Al contrario, anche qui ci sono indicazioni di un (quasi) continuo avanzare e ritrarsi delle due variabili come forza guida, come avevo testimoniato, per intervalli temporali simili a quelli trattati qui, ma più ampi, in un post di circa due anni fa, pensando all’esistenza di una o più forze alle quali sia la CO2 che la temperatura reagiscono secondo la loro natura.
Un lavoro importante è quello di Ahn e Brook (2008) la cui figura 1 (didascalia) mostra un vasto confronto tra varie serie isotopiche (artiche e antariche) e CO2, tutte legate ad eventi climatici ben riconoscibili (Dansgaard–Oescheger o D-O, Heinrich).

Tre mesi e mezzo dopo la scrittura di questo post, nel febbraio 2022, è uscito un lavoro di Quirk et al., 2022 che mostra, con riferimento all’avanzata/ritiro dei ghiacciai in nord America, questa figura in cui confronta una serie composita di CO2 da Epica e Vostok (Antartide) e l’anomalia di temperatura (per il nord America). Il risultato non sembra molto differente da quello presentato qui nelle figure precedenti.

Bibliografia

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