Effetti stagionali sulle malattie da Coronavirus – Alcune riflessioni su COVID19 fondate su bibliografia recente – Aggiornamento

Effetti stagionali sulle malattie da Coronavirus – Alcune riflessioni su COVID19 fondate su bibliografia recente – Aggiornamento

Marzo 25, 2020 Off Di miometeo

L’aggiornamento è in fondo al post.

Premessa

Oggi sono note decine di coronavirus, la maggior parte dei quali è attiva negli animali mentre solo sette infettano l’uomo e di questi quattro (denominati 229E, l’OC43, NL63 e HKU1) producono patologie lievi mentre effetti più gravi sono legati ai restati tre e cioè al Coronavirus agente della Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS), a quello agente della Middle East Respiratory Syndrome (MERS) e infine al SARS-CoV-2 che provoca la sindrome nota come COVID-19 (Su et al., 2016; Gibbens, 2020). Peraltro ai termini SARS-CoV-2 e COVID-19 è necessario abituarsi in quanto si tratta di standard tassonomico stabilito al livello internazionale (Gorbalenya et al., 2020).

Circa i coronavirus dobbiamo premettere che si tratta di virus a RNA appartenenti alla famiglia delle coronaviradae e fra i virus a RNA sono quelli con il patrimonio genetico più ampio (26-32000 chilobasi). Nell’uomo l’infezione da coronavirus ha inizio nel tratto gastro-intestinale o nelle vie aeree superiori e può evolvere in polmonite, con conseguenze anche gravi derivanti da insufficienza respiratoria. A partire dagli anni ’70 diverse malattie osservate su animali sono state attribuite ai coronavirus e l’ecologia di tali virus prevede la possibilità di ricombinazione fra diversi coronavirus negli animali, con la generazione di nuovi coronavirus trasmissibili all’uomo e potenzialmente letali. In particolare la SARS è stata trasmessa all’uomo da mammiferi (probabilmente pipistrelli o civette della palma) in mercati della provincia di Guangdong in Cina e la MERS è stata anch’essa trasmessa all’uomo da mammiferi (dromedari) in Arabia Saudita.

Nel caso di COVID19 l’epidemia è scoppiata nella città cinese di Wuhan che ha clima Cfa di Koppen – Geger (subtropicale umido), la stessa categoria che si registra nella pianura padana, ed inoltre il virus presenterebbe le seguenti mortalità (Sheperd, 2020 che cita dati apparsi su Jama – https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2762130):

2.3% complessiva

14.8% per età >= 80

8.0% per età da 70 a 79 anni

49.0% per i casi critici.

I dati di mortalità sono tuttavia oltremodo incerti in quanto incerto è il numero totale del contagiati. Quest’ultima incertezza deriva dal fatto che secondo stime citate da Anderson et al. (2020) nell’80% dei contagiati si manifesta in forma lieve o asintomatica contro il 14% di pazienti con sintomi seri e il 6% con sintomi molto gravi. Sempre secondo Anderson et al. (2020) è incerto il periodo infettivo che si stima in 10 giorni dal termine della fase di incubazione ed incerta appare anche la lunghezza della fase infettiva pre-sintomatica, che in linea di massima dovrebbe comunque essere di 1-2 giorni, come per l’influenza A. Al contrario SARS non presenta infettività pre-sintomatica e il picco di infettività si registra parecchi giorni dopo l’insorgere dei sintomi, il che secondo Lipsitch (2020)  è stato di grande aiuto per contenere la SARS con misure di quarantena. Sempre secondo Lipsitch (2020) si sa pochissimo circa la rilevanza delle scuole come ambiente privilegiato di trasmissione di COVID-10 e poco sappiamo in merito al ruolo dei bambini siano vettori del contagio. In sintesi per COVID-19 paghiamo lo scotto del fatto che il primo caso documentato risale all’8 dicembre 2019, il che ci pone di fronte a un deficit di conoscenze rilevantissimo e che occorrerà colmare in tempi molto rapidi.

Ciclicità stagionali nelle malattie virali

Le considerazioni che riporto qui di seguito sono in larga misura mutuate dall’analisi condotta da Marc Lipsitch dello statunitense Center for Communicable Disease Dynamics, analisi che è liberamente disponibile in rete al sito https://ccdd.hsph.harvard.edu/will-covid-19-go-away-on-its-own-in-warmer-weather/

Un’idea molto diffusa è quella secondo cui la stagione invernale sia più favorevole alle malattie virali e che dunque l’epidemia di Cornavirus non potrà che regredire con l’aumento delle temperature che avrà luogo con l’avanzare della stagione primaverile. Tale idea si lega al fatto che il semestre d’elezione dell’influenza è quello invernale, da ottobre a marzo-aprile, come si evince dalla figura 1 e come non mancano tutti gli anni di ricordarci gli stessi virologi quando consigliano la vaccinazione anti-influenzale, consiglio che personalmente seguo ormai da diversi anni.

Occorre tuttavia domandarsi se tale idea di stagionalità sia o meno applicabile al coronavirus SARS-CoV-2. Vediamo anzitutto di ragionare sul perché l’influenza alle medie latitudini si diffonde maggiore nella stagione invernale che non in quella estiva. Ciò accade per un insieme di fattori legati all’ospite umano e all’ambiente enunciati da Lipsitch (2020) e che elenchiamo qui di seguito.

  1. Fattori ambientali:

a1. nell’aria fredda ed asciutta tipica dei mesi invernali i virus influenzali si diffondono con maggiore facilità come dimostrano prove in laboratorio condotte negli Usa e in Vietnam

a2. in inverno la radiazione ultravioletta solare che agisce sterilizzando le superfici su cui viene irraggiata inattivando anche i virus, è assai meno presente che in estate

  1. Fattori legati all’ospite umano:

b1. in inverno le persone permangono più a lungo in ambienti chiusi e scarsamente arieggiati in cui la trasmissione dei virus è favorita. In proposito si veda ad esempio il caso delle scuole, che in estate sono chiuse.

b2. la risposta immunitaria è assai meno vivace in inverno che in estate, il che viene attribuito sia alla melatonina che è modulata dal fotoperiodo sia alla minor quantità di vitamina D che  deriva alla minore esposizione al sole

b3 buona parte della popolazione risulta immune nei confronti di “vecchi virus” come quelli della comune influenza e dunque i virus stessi possono manifestarsi solo nella stagione invernale, quando le condizioni ambientali sono maggiormente predisponenti (Lipsitch, 2020).

Se i fattori a1,a2,b1,b2 possono orientativamente agire anche per COVID19, il fattore b3 non vale ovviamente nei confronti della nuova epidemia poiché non vi sono individui immuni e dunque la corsa del virus non dovrebbe trovare ostacoli dovuti all’immunità, in qualunque stagione esso compaia. Un fenomeno analogo si è osservato nel 2009 nel caso della pandemia di influenza A, che negli USA iniziò a manifestarsi in aprile-maggio, regredì durante la chiusura estiva del scuole data lì’importanza che in quel caso aveva la diffusione tramite i bambini per poi riprendere forza a settembre-ottobre (Lipsitch, 2020).

Si osservi inoltre che alle medie latitudini i quattro coronavirus meno attivi (229E, l’OC43, NL63 e HKU1) sono trasmessi in prevalenza durante la stagione invernale (Su et al., 2016) mentre MERS non presenta picchi stagionali regolari (Al Tawfic and Memish 2019). Sempre per MERS, Altamini e Ahmed (2019) hanno evidenziato che il picco in Arabia Saudita si registra nei mesi estivi che sono poi quelli che in quell’area determinano un maggiore stress per gli esseri umani (stress da caldo). In particolare una relazione positiva si è rilevata fra l’incidenza del virus e i valori di alcune variabili meteorologiche, individuando fra i fattori predisponenti all’infezione le alte temperature, la bassa velocità del vento e l’alta umidità relativa, tutti fattori che aumentano la sensazione di afa.

E’ da evidenziare anche che l’epidemia di SARS è partita in Cina a novembre 2002 esaurendosi nel luglio 2003 e uno studio del 2006 ha evidenziato che a Hong Kong l’epidemia ha progredito più rapidamente nei giorni freddi che non in quelli caldi (Kun Lin etal 2006). Occorre tuttavia dire che nel caso di SARS a risultare vincente non fu l’arrivo del “generale caldo” quanto le misure di contenimento estremamente severe adottate dai governi. A dimostrarlo è il fatto che a Toronto l’epidemia di SARS ebbe una ripartenza quando le misure precauzionali furono alleggerite (Lipsitch, 2020).

Conclusioni

Nel caso del SARS-CoV-2 agente della sindrome COVID-19, al nostro attuale livello di ignoranza abbiamo alcune ragioni per attenderci che come per altri beta-coronavirus la diffusione sia più efficiente in inverno che in estate. Tuttavia dobbiamo anche ricordare che si tratta di un virus totalmente nuovo e che pertanto non si hanno elementi per esprimere ipotesi pienamente fondate. A tali conclusioni giungono in sostanza anche le analisi condotte da Sheperd (2020), Gibbens (2020) e Lipsitch (2020). Quest’ultima è quella cui mi sono maggiormente ispirato per redigere queste note.

Figura 2 – Diagramma che evidenzia la stagionalità delle malattie influenzali. Si riportano i decessi su quelli totali che sono stati causati da polmonite e influenza; dati relativi a 122 città statunitensi (Kaslov, 2014).

Postille, 15 Marzo 2020

Penso sia utile elencare qui di seguito alcuni riferimenti emersi a seguito della pubblicazione di questo post.

Anzitutto in un commento al post Gianluca ha segnalato la versione italiana del report redatto dai 25 ricercatori che dal 22 al 26 febbraio si sono recati in missione in Cina per conto della WHO.

La versione originale in lingua inglese di tale report si trova a questo indirizzo.

Tale report è ricco di dati quantitativi riferiti ad un campione molto ampio (oltre 44000 malati) e che sono utili per approfondire il quadro di conoscenze sul virus COVID-19.

Con comunicazione personale, Sergio Pinna, che da tempo si occupa dei dati di mortalità da influenza in Italia e in Europa,  mi ha poi segnalato due lavori scientifici:

  1. Quello di Polozov etal. (2008) in cui i ricercatori evidenziano che i fosfolipidi presenti nella capside di virus influenzali lasciati all’aperto restano allo stadio gel se esposti a temperature basse mentre se esposti a temperature più alte si liquefanno inattivando il virus. Ciò potrebbe spiegare la maggior diffusione dell’influenza alle medie latitudini nei mesi più freddi dell’anno.
  2. Quello di Pinna (Pinna, 2011) che trovate indicato nella bibliografia qui sotto e che tratta della distribuzione della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008 sviluppando anche alcuni interessanti raffronti con altri paesi europei. A titolo d’esempio riporto qui sotto il diagramma tratta dal lavoro di Pinna e che mostra gli eccessi di mortalità davvero impressionati legati alle grandi epidemie influenzali degli anni ’60 (figura 1).

Postilla – Figura 1 – Differenza fra il numero reale di decessi e il valore statisticamente atteso. Sono segnalati nel grafico i cinque inverni nei quali l’eccesso è stato superiore alle 25 mila unità (Pinna, 2011).

Riguardo agli effetti e stagionalità delle influenze Alessandro ha fornito:

  1. Il riferimento a un post che tratta del tema di alcune mega-influenze degli anni ‘60 https://www.ilpost.it/2020/03/08/pandemie-italia-asiatica-hong-kong/
  2. due diagrammi tratti dal sito del Ministero della sanità (http://www.salute.gov.it/portale/caldo/dettaglioContenutiCaldo.jsp?lingua=italiano&id=4547&area=emergenzaCaldo&menu=vuoto) che evidenziano le stagionalità del influenze a livello italiano e che riporto qui sotto (figure 2 e 3):

Postilla – Figura 2 – Mortalità settimanale per persone di età superiore a 65 anni

Postilla – Figura 3 – Casi di influenza per 1000 assistiti (serie 2004- 2020).

Segnalo infine che in questi giorni ho letto due articoli che ho trovato interessanti. Anzitutto Fuhrmann (2010), sviluppa una interessante review della letteratura scientifica relativa alla stagionalità dell’influenza con particolare riferimento agli effetti del clima sulla virulenza del patogeno e la suscettibilità dell’ospite umano. Nello scritto vengono ad esempio passati in esame lavori che stabiliscono un causale fra ENSO e influenza  in Francia e Stati Uniti d’America o un nesso causale fra ondate di freddo e mortalità da influenza in Scozia.

In ogni caso nelle conclusioni l’autore sottolinea che il legame fra picco epidemico dell’influenza alle medie latitudini e caratteri della stagione invernale continua a rimanere sfuggente, un fatto del resto confermato da Tamerius etal. (2011) i quali concludono significativamente che “Le questioni centrali nella stagionalità influenzale rimangono irrisolte. Ricerche future si rendono particolarmente necessarie nelle località tropicali, dove la nostra comprensione della stagionalità rimane scarsa, e richiederà una combinazione di studi sperimentali e osservazionali. Un’ulteriore comprensione del fattori ambientali che guidano la circolazione influenzale possono anche essere utili per prevedere come la dinamica sarà influenzato a livello regionale dai cambiamenti climatici globali.

In sintesi mi pare comunque di poter dire che dai lavori di Fuhrmann (2010) e  Tamerius etal. (2011) emerga con chiarezza che nei periodi in cui il virus non è presente alle medie latitudini lo stesso si conserva in “serbatoi” tropicali da cui migra verso Nord al sopraggiungere dell’inverno boreale e verso Sud al sopravvenire di quelli australe. Tale fenomeno si rende evidente dalla figura 4 che ho ottenuto esprimendo come percentuali i dati riportati come valori assoluti da Tamerius etal. (2011).

Postilla – Figura 4 – Stagionalità virus in 4 siti rappresentativi delle medie latitudini (Bismarck e Sidney) e delle aree tropicali (Fortaleza e Singapore). espressa come percentuale degli isolati influenzali ottenuti nei diversi mesi dell’anno. Elaborazione su dati di Tamerius et al (2011).

Bibliografia

  • Al Tawfic J.A. and Memish Z.A., 2019. Lack of seasonal variation of Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus (MERS-CoV), Travel medicine and infectious disease, 27 (2019), 125-126.
  • Altamini A. and Ahmed A.E., 2019 Climate factors and incidence of Middle East respiratory syndrome coronavirus, Journal of Infection and  Public Health.
  • Anderson R.M. etal 2020 How will country-based mitigation measures influence the course of the COVID-19 epidemic, The Lancet, www.thelancet.com   Published online March 6, 2020   https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30567-5
  • Gibbens S., 2020. Will warming spring temperatures slow the coronavirus outbreak? National geographics https://www.nationalgeographic.com/science/2020/02/what-happens-to-coronavirus-covid-19-in-warmer-spring-temperatures/ (articolo divulgativo uscito il 26 febbraio e la cui versione oggi in rete è aggiornata al 6 marzo).
  • Gorbalenya A.E. etal 2020. The species Severe acute respiratory syndrome related coronavirus – classifying 2019-nCoV and naming it SARS-CoV-2 – Coronaviridae Study Group of the International Committee on Taxonomy of Viruses, Nature microbiology, https://doi.org/10.1038/s41564-020-0695-z
  • Kaslov A.R., 2014. Viral infections and humans, in Viral Infections of Humans: Epidemiology and Control, Richard A. Kaslow et al. (a cura di), Springer.
  • Kun Lin et.al, 2006. Environmental factors on the SARS epidemic: air temperature, passage of time and multiplicative effect of hospital infection, Epidemiol Infect. 2006 Apr; 134(2): 223–230.
  • Lipsitch M., 2020. How will country-based mitigation measures influence the course of the COVID-19 epidemic, Center for Communicable Disease Dynamics, https://ccdd.hsph.harvard.edu/will-covid-19-go-away-on-its-own-in-warmer-weather/
  • Sheperd M., 2020, Will Spring Temperatures Stop Coronavirus?, Forbes – https://www.forbes.com/sites/marshallshepherd/2020/02/27/will-spring-temperatures-stop-coronavirus/#7c983c33770e
  • Su etal 2016 Epidemiology – Genetic Recombination and Pathogenesis of Coronaviruses, Trend in microbiology, june 2016, vol 24 n.6, 491-502.
  • Fuhrmann C., 2010. The Effects of Weather and Climate on the Seasonality of Influenza, Geography Compass, 4/7 (2010): 718–730, 10.1111/j.1749-8198.2010.00343.x
  • PINNA S., 20110. La distribuzione intermensile della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008. Alcuni raffronti con altri paesi europei / – In: Rivista Geografica Italiana. – ISSN 0035-6697. – 2(2011), pp. 319-345.
  • Tamerius etal 2011 Global Influenza Seasonality: Reconciling Patterns across Temperate and Tropical Regions, Environmental Health Perspectives, volume 119, number 4, April 2011
  • Polozov etal., 2008. Progressive ordering with decreasing temperature of the phospholipids of infuenza virus, Nature chemical biology, Volume 4, n. 4, April 2008.

 

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