Meteo estremo e città bollenti: perché non imitiamo questi esempi?

Mentre l’Italia continua a subire il caldo africano senza quasi difese, nel resto del mondo c’è chi si attrezza sul serio. Dai tetti bianchi in Grecia ai giardini pensili di Singapore, passando per le città americane che ridipingono l’asfalto per riflettere il sole, esistono interventi concreti e già in funzione per contrastare l’effetto delle ondate di calore in ambiente urbano. Da noi, invece, si continua a parlare di caldo come se fosse una fatalità, senza mai agire sulle cause e sulle vulnerabilità. Perché l’Italia non segue l’esempio?

 

Tetti bianchi, pareti chiare: il colore conta

In molte città dell’Asia, dell’America del Nord e del Mediterraneo orientale, l’architettura si sta adattando al clima. Una delle soluzioni più semplici e potenti è la verniciatura riflettente dei tetti: con vernici speciali bianche o chiare, si riesce a ridurre l’assorbimento del calore fino all’80%, mantenendo gli ambienti sottostanti più freschi anche senza climatizzazione. Il concetto è noto da secoli – basti pensare alle case delle Cicladi, in Grecia – ma è tornato attuale con il riscaldamento globale.

A Los Angeles, alcuni quartieri hanno già verniciato strade e marciapiedi con pigmenti capaci di riflettere la luce solare. Questo abbassa la temperatura al suolo anche di 7–8°C rispetto all’asfalto scuro tradizionale. Tel Aviv, Tokyo, Atene stanno adottando la stessa logica, combinando estetica e funzionalità.

 

Verde urbano: una soluzione concreta, ignorata in Italia

Uno degli strumenti più efficaci contro l’accumulo di calore in città è il verde strategico. Alberi, tetti verdi, giardini verticali e spazi vegetali distribuiti in modo razionale abbassano la temperatura dell’aria, filtrano l’inquinamento, favoriscono l’evapotraspirazione e migliorano il microclima.

Singapore, non a caso, è uno degli esempi più estremi: negli ultimi vent’anni ha obbligato ogni edificio di nuova costruzione a incorporare una quota di verde, arrivando a coprire oltre il 40% della superficie urbana con vegetazione. Lì le temperature medie sono altissime tutto l’anno, ma la città è studiata per disperdere il calore, non per trattenerlo.

In Italia, al contrario, si continua a costruire ignorando il comportamento termico dei materiali, l’orientamento solare, la ventilazione naturale. Le città crescono in modo disordinato, senza veri piani climatici urbani. E il verde viene spesso considerato un orpello decorativo, più che una infrastruttura climatica essenziale.

 

L’acqua che rinfresca le città

A Parigi, sono state progettate fontane urbane temporanee, anche mobili, per rinfrescare marciapiedi e piazze. Alcuni parchi pubblici sono stati dotati di nebulizzatori automatici che si attivano nei momenti più caldi della giornata. A Melbourne, si usano serbatoi urbani di raccolta delle acque piovane, che durante le ondate di calore vengono rilasciate lentamente nei giardini cittadini, aumentando l’umidità senza spreco.

Nel nostro Paese, invece, si tende ancora a vietare l’uso dell’acqua nei parchi pubblici nei periodi di siccità, senza distinguere tra usi vitali e sprechi e soprattutto tra acqua potabile e non. Una logica emergenziale che non costruisce resilienza urbana, ma peggiora la qualità della vita.

 

Il futuro passa da scelte urbane consapevoli

Contrastare il caldo estremo non significa solo adattarsi, ma progettare meglio. L’inerzia urbanistica italiana ha un costo altissimo in termini di salute pubblica, consumo energetico, disagio sociale. Non basta sapere che farà caldo: bisogna prepararsi in anticipo, costruendo città che rinfrescano, non che trattengono il calore.

Per confrontare strategie e casi studio sul raffreddamento urbano, puoi esplorare il sito del Urban Climate Research Center.

Meteo estremo e città bollenti: perché non imitiamo questi esempi?